La testimonianza
L’infezione dopo la cataratta: «Mio padre ora vede solo sagome»
La figlia di uno dei 30 pazienti operati nel centro privato: «Uniamoci e denunciamo»
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Antonio ha ottantasette anni. Qualche acciacco dovuto all’età, ma era un nonnino indipendente e autonomo. Aveva la patente, andava a fare la spesa. Poi tutto è cambiato. Precisamente il 15 ottobre scorso. Quando si è operato di cataratta all’ambulatorio privato di Catania che è finito al centro delle cronache per le infezioni di enterococcus faecalis.
«Mio padre è uno dei trenta pazienti che hanno avuto seri problemi dopo l’operazione di cataratta», racconta Katya a La Sicilia. Le conseguenze del contagio sono state davvero drammatiche. «Da un occhio per un problema precedente già mio padre non vedeva. Ora - spiega la figlia - riesce a vedere solo sagome. Non riesce a riconoscere le persone, non può nemmeno guardare la tv. Da quando è uscito dall’ospedale dipende da mio figlio. La sua vita è totalmente cambiata, perché nonostante l’età - dice - era autonomo, guidava e andava a fare la spesa». Tutto è cominciato poche ore dopo l’intervento. «Mi ha telefonato dicendo che si sentiva l’occhio appiccicaticcio. Abbiamo pensato che fosse un effetto dei medicinali. Invece quando ha fatto il primo controllo, al centro privato gli hanno detto che c’era un’infezione. Prima gli hanno detto che i cristallini erano contaminati, poi che i liquidi usati erano contaminati. Ma le sembra possibile?», si chiede Katya. Poi Antonio, venerdì 17 ottobre, è stato portato in un’altra clinica privata dove l’oculista opera. «Gli hanno fatto una puntura», racconta ancora la figlia. Un modo per ripulire l’occhio, che sarebbe stato infettato da due batteri. Non uno. La situazione è andata a peggiorare. Alla fine è finito al Policlinico-Rodolico-San Marco dove è stato ricoverato e curato. «Tre giorni fa lo hanno dimesso. Ma mio padre non vede, se non delle sagome. Io per lavoro vivo fuori, quindi è mio figlio che si occupa del nonno. Lo aiuta con le medicine, lo accompagna per le visite. Quest’intervento ha letteralmente stravolto la vita dei miei genitori, che - ripete - nonostante l’età erano una coppia autonoma e indipendente. Questa situazione ho paura che avrà delle conseguenze su mio padre».
L’intervento, fatto in convenzione con il sistema sanitario, nel centro privato è arrivato per una serie di conoscenze familiari. «L’ha scelto al posto dell’ospedale, dove l’operazione era già programmata a breve. Ma - dice Katya con un pizzico di amarezza - non si può tornare indietro». Quando è scoppiato il caso mediatico dopo il ricovero dell’avvocato a Enna («Mio padre mi racconta che aveva un avvocato seduto vicino nella sala d’attesa il giorno dell’operazione di cataratta», racconta la donna), sui social sono cominciate ad arrivare le segnalazioni non solo di familiari e amici degli altri pazienti “infettati” dal batterio che sono finiti in diversi ospedali della Sicilia Orientale, ma anche da persone che si sono rivolti all’oculista di quel centro che hanno avuto «problemi molto seri» in passato. Una denuncia è finita con un’archiviazione, un altro signore ha avuto il distacco della retina ed è finito sotto i ferri diverse volte. E ancora non è finita. Una ragazza avrebbe perso l’occhio. «Le storie che arrivano sono tante. E se sono tutte vere, siamo davvero davanti a uno scenario paradossale», spiega Katya.
La donna sta attendendo di avere tutta la documentazione clinica del padre per far partire la denuncia alla magistratura. La signora ha già avuto un primo contatto con Codici - Centro per i diritti per il cittadino. «Ho parlato con un avvocato dell’associazione - spiega - ma, secondo me, dobbiamo unirci e fare una denuncia comune. Per essere più incisivi. Anche attraverso questa intervista, infatti, chiedo ai familiari degli altri pazienti di contattarmi per poter avviare un’azione legale sinergica. Quello che è accaduto è davvero grave. E, soprattutto, non deve ripetersi».

