Le rivelazioni di “Cerbo” Scarface
Il gruppo criminale degli ex pentiti a Milano e il giallo della scomparsa di Tano ’u curtu
Dai verbali del nuovo pentito potrebbe aprirsi una pista per risolvere il caso di lupara bianca
«Se lo fecero i pentiti». Questa è una frase che Willam Cerbo ripete molte volte nei lunghi verbali depositati dalla Dda di Milano nel processo «Hydra». Il riferimento è alla vicenda di Tano Cantarella (nella foto) ingoiato dalla lupara bianca nel 2020 in Sicilia. Era il periodo della festa di Sant’Agata. Tano ‘u curtu (o il nano) - così definivano Cantarella nella malavita - era il «portavoce dei Mazzei a Milano». Almeno così ha detto Cerbo alla magistratura milanese che ha mandato i suoi interrogatori alle procure di mezza Sicilia. E alcuni stralci potrebbero aiutare l’indagine che è stata avviata dopo la denuncia della moglie di Cantarella, che sarebbe la cugina di Rosa Morace, la moglie di Santo Mazzei. Il fondatore della famiglia mafiosa catanese, accreditata con Cosa nostra siciliana.
Ci sono molti misteri legati alla scomparsa di Cantarella. Cerbo ha avuto notizie (de relato) da Christian Marletta, il figlio di Simona Mazzei. Che è la sorella di Nuccio.
Ed è proprio lui che pronuncia quella frase dei pentiti. Alcuni ex collaboratori di giustizia avrebbero creato un gruppo criminale a Milano («fra questi Giovanni Pantellaro, ‘u giocattolo»). Cantarella si sarebbe esposto al loro posto per un debito. Ma qualcosa forse è andato storto. L’ultimo a vedere vivo Tano ‘u curtu sarebbe stato Gioacchino Amato, che da Milano sarebbe andato in Sicilia poiché ci sarebbe stato il progetto addirittura di comprare una clinica nell’agrigentino. Questo lo racconta sempre Cerbo. Amico avrebbe accompagnato Cantarella fino a un certo punto. Poi gli avrebbe detto: «No, no, mi devo sbrigare una cosa con un carissimo amico mio». Poi, Tano è scomparso nel nulla. Ci sono state convocazioni, riunioni, confronti. Ma il giallo è rimasto.

