Cinema
Floriana Gentile: «Io, palermitana tra i mostri del cinema»
Scultrice, attrice, palermitana doc, Floriana Gentile sul grande schermo con due film, uno con Asia Argento, l'altro con Anthony Hopkins, Al Pacino, Jessica Alba, Andy Garcia
Floriana Gentile sul set di Maserati The Brothers con Anthony Hopkins e Andy Garcia
Due film in uscita, due passioni lavorative, un unico obiettivo: essere un’artista.
Partiamo dalle origini. Chi è Floriana Gentile?
«Siciliana di Palermo, ma con un’anima che si è spostata presto verso Roma, per frequentare l’Accademia di Belle Arti, indirizzo scultura. Mi sono laureata lì e, in contemporanea, seguivo i corsi di recitazione all’Accademia di Achille Togliani. Ero molto legata alla sua famiglia, persone straordinarie, piene di cultura e di cuore. Prima ancora, in Sicilia ho lavorato anche come personal trainer di ginnastica aerobica. Insomma, non riuscivo a stare ferma mai».
Da dove nasce la sua passione per la recitazione?
«Da una ribellione gentile, direi. I miei genitori erano artisti: mia madre pittrice, mio padre lo scultore Vittorio Gentile, autore fra l’altro di un monumento a Giovanni Falcone. Loro avrebbero voluto che io insegnassi Storia dell’Arte, e infatti per un periodo l’ho fatto, ma durante un anno sabbatico ho cominciato a frequentare i corsi di recitazione e da lì è cominciato tutto. Ho avuto piccole parti in produzioni importanti: “SPQR” di Carlo Vanzina, “La moglie preistorica” prodotta da De Laurentiis, “Le avventure” perdute di Alberto Sordi ruoli minori, ma per me erano piccoli mondi in cui imparare».
E come si entra nel “circo” del cinema?
«Prima a Palermo e poi a Roma facevo l’indossatrice. Ma la carriera di modella dura poco: a venticinque anni sei già “vecchia”, così ho cercato qualcosa che mi arricchisse di più, che mi facesse respirare cultura, emozione, vita vera. Attraverso Togliani avevo conosciuto un ambiente dove l’arte non era solo vanità, ma anche impegno sociale. È lì che ho capito che il mio percorso era un altro».
Ricorda il suo primo provino?
«Certo! Con Antonio Rezza e Isabella Ferrari. Avevo ventitré, forse ventiquattro anni. Una piccola comparsata, ma per me era come stare su un palco a Broadway. Ricordo ancora l’emozione di sentire il ciak per la prima volta».
Quando ha deciso che fare l’attrice sarebbe stata la sua professione?
«In realtà non ho mai deciso. La recitazione è semplicemente una delle cose che mi fanno stare bene, che mi arricchiscono l’anima. Il mio vero lavoro è fare l’artista: io sono scultrice, e questo non cambierà mai. Quando un provino o un ruolo mi stimolano, mi dedico al cinema, ma se non mi rappresentano, no. Una volta mi proposero una scena sotto la doccia, nuda: ho detto grazie, ma non m’interessa. Non per moralismo, ma perché non mi sentivo a mio agio. Magari le ventenni di oggi la vedono diversamente».
Oltre al cinema, continua con la scultura e l’insegnamento?
«Sì, fino all’anno scorso insegnavo Storia dell’Arte in un liceo romano, ma mi piacerebbe riprendere. Continuo a organizzare mostre per mio padre e realizzo opere su commissione, spesso molto grandi».
Parliamo del film “Qui staremo benissimo”, in uscita il 6 novembre...
«È un progetto a cui tengo moltissimo. Nel film diretto da Renato Giordano, recita anche Asia Argento. È una storia sulla famiglia, ma non quella tradizionale: parla di persone sole che, insieme, riescono a trovare un equilibrio, un affetto, una forma di casa. Il mio ruolo è quello di Agata, una donna dolce ma forte, un collante silenzioso tra gli altri personaggi».
Sabatino Barbato, Viviana Cangiano, Maria Lauria e Floriana Gentile sul set di “Qui staremo benissimo”, film di Renato Giordano con Asia Argento in uscita il 6 novembre
E poi c’è “Maserati The Brothers”, un’opera internazionale con Anthony Hopkins, Al Pacino, Jessica Alba, Michele Morrone, Andy Garcia, Salvatore Esposito...
«Un cast incredibile. Uscirà nel 2026, ancora stanno girando alcune scene. Io interpreto la moglie del personaggio di Anthony Hopkins (il finanziere Luca Antonelli ndr), accanto a Jessica Alba e Andy Garcia. Quando mi hanno detto che avrei recitato con loro, tremavo, ma quando li ho incontrati, tutta l’ansia è sparita. Sono giganti, ma di una naturalezza disarmante: ti fanno sentire a casa. Abbiamo girato in alcune ville tra Roma e Viterbo, nel dicembre 2024».
Un episodio sul set che l’è rimasto impresso?
«Hopkins dimenticò una battuta, la cambiò sul momento e poi mi chiese scusa “Sorry”. Io, basita, “Anthony Hopkins chiede scusa a me?”, pensavo “Sei Anthony Hopkins, puoi dire quello che vuoi!” (ride). I suoi occhi sono ipnotici, di ghiaccio, come ne “Il silenzio degli innocenti”, ti parlano anche quando non dice nulla e sono proprio quelli di Hannibal Lecter».

Jessica Alba e Floriana Gentile
Un cast così importante non l’ha fatta sentire in soggezione?
«Un po’ sì, ma poi è subentrata una strana serenità. È come se mi dicessi: Floriana, sei qui, vivi questo momento. Mi sono sentita felice e grata alle energie positive dell’universo. E poi Andrea Iervolino (il produttore ndr) ha fatto un miracolo, portando in Italia un film che racconta il nostro Paese con occhi internazionali. La vera anima del progetto però è Bobby Moresco, il regista premio Oscar: un artista straordinario».
Indossare costumi d’epoca è stato più faticoso o affascinante?
«È la prima volta che mi capitava un film storico di questa portata. Faticoso sicuramente, ore di trucco e parrucco, tiranti alla testa e bustini stretti, ma anche quella è arte. Ho lavorato anche con tanti grandi italiani, fra gli altri Nino Manfredi (“Linda e il Brigadiere”) e Alberto Sordi (“Le occasioni perdute”), ogni volta è un’emozione nuova, ma l’entusiasmo resta lo stesso».
Che tipo di film ama guardare?
«Quelli del terrore ma non li farei mai, sono troppo paurosa».
Il film della vita?
«Non ce n’è uno in particolare, diciamo “Ghost”, Demi Moore è una delle mie attrici preferite. Tra i miei registi del cuore, invece, c’è Paolo Genovese, adoro il suo modo di raccontare le relazioni».
Che rapporto ha oggi con Palermo?
«È la mia radice. Vado e vengo spesso: sto ristrutturando una casa nel quartiere Parco dei Principi, che vorrei trasformare in una casa-vacanze e magari in una Fondazione-museo dedicata alle opere di mio padre. A Palermo vive anche mio figlio, e ogni volta che torno sento un misto di nostalgia e orgoglio. La città è migliorata molto dal punto di vista architettonico, la zona della Marina è splendida...».
Sento che c’è un però.
«Il palermitano dovrebbe imparare ad essere più serio. Meno mordi e fuggi, più concretezza, più rispetto per i progetti. Abbiamo una creatività infinita, ma dobbiamo imparare a completare le cose. In questo, dovremmo guardare alla Sardegna, che ha un senso del lavoro molto più solido».
Ponte sullo Stretto, sì o no?
«Assolutamente sì. Ogni volta che devo tornare a Palermo passo le pene dell’inferno: tre, a volte sei ore tra macchina e traghetto. È una vergogna. Il ponte non è solo un’unione fisica, ma anche economica e culturale. Quel “pezzettino” ci cambierebbe la vita».
Un regista con cui sogna di lavorare?
«Non voglio avere aspettative, ma se posso sognare, dico Tim Burton, è un genio visionario».
Dove si vede da qui a dieci anni?
«Se mi vedo viva, è già tanto! (ride ndr). Non lo so, la vita non dà certezze. Conta l’oggi, l’energia che metti in ciò che ami. Il resto verrà da sè».