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L'incontro

La lezione di Fiammetta Borsellino e Giovanni Chinnici: «La mafia non è scomparsa, si è trasformata»

Le 62 poltrone del Teatro Puccini di Firenze ricordano le vittime della criminalità organizzata

Laura Mendola

18 Novembre 2025, 15:24

La lezione di Fiammetta Borsellino e Giovanni Chinnici: «La mafia non è scomparsa, si è trasformata»

Al Teatro Puccini di Firenze, 62 poltrone portano i nomi di chi la mafia ha strappato alla vita: giudici, giornalisti, uomini e donne che hanno pagato con il sangue la loro resistenza. È in questo spazio carico di memoria che Fiammetta Borsellino e Giovanni Chinnici hanno scelto di raccontare, con voce ferma e intensa, cosa significa oggi parlare di mafia.

La voce di Fiammetta Borsellino

Fiammetta Borsellino, figlia del giudice Paolo, guarda i ragazzi negli occhi. «La mafia c’è e la dovete vedere in quei fiumi di droga che vengono smerciati giornalmente», dice, evocando la Palermo degli anni ’80, quando l’eroina scorreva come un veleno nelle strade. «La dipendenza è un guadagno sicuro», aggiunge, ricordando le parole di Rocco Chinnici: un denaro che gronda sangue.

Poi il ricordo si fa personale. Parla del padre Paolo, della sua capacità di trasformare il lavoro in un progetto di vita condiviso: «Bellezza e cura hanno caratterizzato il suo lavoro e la sua famiglia. Con questo atto di amore ha tentato di liberarci tutti da questa piaga». E racconta come il giudice Borsellino abbia continuato a vivere ogni volta che la mafia colpiva i suoi compagni di strada: «Non è morto solo il 19 luglio 1992, ma anche quando hanno ammazzato il suo maestro Rocco Chinnici, quando hanno ucciso Ninni Cassarà». Eppure, fino all’ultimo, ha saputo ironizzare sulla morte, sfidandola con coraggio.

La lezione di Giovanni Chinnici

Accanto a lei, Giovanni Chinnici porta la memoria del padre Rocco. La sua analisi è lucida e inquietante: «Oggi la mafia ha abbandonato le metodologie sanguinarie. È stata una scelta strategica. Le organizzazioni criminali, a partire dalla ’ndrangheta, si infiltrano negli ambienti imprenditoriali del nord Italia, in Europa, nel mondo, attraverso enormi quantità di denaro illecito che finiscono in attività lecite».

Non solo economia, ma anche politica: «Le infiltrazioni riguardano soprattutto il livello locale. Questo rende la mafia più difficile da individuare, perché non abbiamo più i fatti di sangue di 30-40 anni fa. È meno visibile, ma più subdola».

Un impegno che riguarda tutti

Il messaggio finale è chiaro: la lotta non può essere delegata solo a magistratura e investigatori. «Il pallino è nelle mani di tutte le istituzioni e dei cittadini», sottolinea Chinnici. Perché la mafia, ancora oggi, sa illudere con la promessa di una ricchezza facile.