ARCHEOLOGIA
Bronzi di Brucoli e non di Riace? Presentate tutte le evidenze scientifiche sull'ipotesi siciliana
Alla luce della solidità delle prove, la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana avvierà una campagna di prospezioni sottomarine nei fondali siracusani
Una immagine generata dall'AI che rappresenta i bronzi di Riace in fondali siciliani
Un teatro comunale gremito, con oltre cinquecento persone tra platea e palchi, ha ospitato a Siracusa la presentazione dello studio pubblicato sull’Italian Journal of Geosciences, che propone nuove evidenze scientifiche a sostegno dell’ipotesi siracusana sull’origine dei Bronzi di Riace.
La ricerca è stata condotta da un gruppo di specialisti provenienti da diverse università, coordinati da Anselmo Madeddu e Rosolino Cirrincione. Presenti numerose autorità, tra cui il sindaco Francesco Italia, il dirigente generale dell’assessorato regionale ai Beni culturali Mario La Rocca e la commissaria dell’Asp Chiara Serpieri.
Le basi dell’ipotesi siciliana
L’ipotesi siracusana prende le mosse dagli studi degli archeologi americani Holloway, secondo il quale le statue sarebbero state inizialmente recuperate in mare in Sicilia e successivamente trasportate clandestinamente a Riace, e McCann, che per prima identificò nei Bronzi i Dinomenidi.
La teoria è stata poi sviluppata da Anselmo Madeddu nel volume Il mistero dei Guerrieri di Riace: l’ipotesi siciliana (Algra Editore), rilanciando il dibattito anche alla luce delle testimonianze – otto finora – secondo cui le statue sarebbero state recuperate alla fine degli anni Sessanta nei fondali profondi di Brucoli, insieme ad altri reperti, e successivamente immesse nel traffico illecito.
Il gruppo di ricerca multidisciplinare
Da queste premesse è nato un gruppo di ricerca multidisciplinare composto da quindici studiosi – archeologi, geologi, paleontologi e archeometri – in larga parte professori ordinari e associati di sei università (Catania, Ferrara, Cagliari, Bari, Pavia e Calabria).

Secondo lo studio, i Bronzi sarebbero stati fusi in quattordici sezioni in un’officina di Sibari, quindi assemblati e collocati nella Siracusa dei Dinomenidi. Le analisi delle patine e delle concrezioni indicano che le statue sarebbero rimaste nei bassi fondali di Riace per pochi mesi, mentre avrebbero sostato per oltre duemila anni in fondali profondi tra i 70 e i 90 metri, compatibili con l’area di Brucoli.
Gli interventi scientifici
Ad aprire la serata è stato Anselmo Madeddu, che ha ricostruito il percorso della sua ricerca, illustrando il quadro indiziario fondato su fonti storiche, dati archeologici ed evidenze archeometriche. Secondo la ricostruzione proposta, il naufragio delle statue sarebbe avvenuto in seguito al saccheggio romano di Siracusa del 212 a.C.
Rosolino Cirrincione, direttore del Dipartimento di Geologia dell’Università di Catania, ha illustrato le metodologie di ricerca e presentato il gruppo di lavoro. Rosalba Panvini si è soffermata sul ruolo dei Dinomenidi come probabili committenti, mentre Carmelo Monaco ha inquadrato dal punto di vista geologico l’area dei Pantanelli. Rosalda Punturo e Carmela Vaccaro hanno evidenziato la corrispondenza tra le terre di saldatura dei Bronzi e i sedimenti della foce dell’Anapo.
Le evidenze geologiche e paleontologiche
Particolare rilievo ha avuto l’intervento di Stefano Columbu, docente all’Università di Cagliari, che ha analizzato i dati di letteratura e gli studi di Mello sulle patine prelevate durante il primo restauro. Gli strati di cuprite e di solfuro di rame, così come le croste calcaree di coralligeno, si formano solo in ambienti marini profondi, riducenti e poveri di ossigeno.
Di contro, le patine di cloruro di rame e le concrezioni ghiaiose esterne sono riconducibili a una permanenza breve in fondali bassi e ossigenati, come quelli di Riace.
Conclusioni analoghe sono state presentate da Rossana Sanfilippo, che ha rilevato la presenza di serpulidi circalitorali tipici di ambienti profondi e scarsamente illuminati. Giovanni Scicchitano, dell’Università di Bari, ha infine sottolineato l’incompatibilità tra l’elevato idrodinamismo dei fondali di Riace e lo stato di conservazione delle statue.
Brucoli e le prospettive di ricerca
Nel corso della serata è intervenuto anche il sub Fabio Portella, ispettore onorario della Soprintendenza del Mare, che ha richiamato l’attenzione sulla ricchezza archeologica dei fondali di Brucoli, annunciando anche il ritrovamento di un aereo C47 americano della Seconda guerra mondiale nell’area indicata dai testimoni.
Hanno espresso sostegno all’ipotesi siracusana anche gli interventi da remoto di Luigi Malnati, già direttore generale del Ministero dei Beni culturali, e di Piero Pruneti, direttore di Archeologia Viva, oltre ai contributi di Federico Rossetti e dell’archeologo Saverio Scerra. La serata si è conclusa con un dibattito sul tema dell’archeomafia, animato da Lorenzo Guzzardi e dalle giornaliste Laura Valvo (La Sicilia) e Dania Mondini (TG1).
Annunciate prospezioni sottomarine
In chiusura, Mario La Rocca ha annunciato che, alla luce della solidità delle evidenze scientifiche presentate, la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana avvierà una campagna di prospezioni sottomarine nei fondali di Brucoli.



