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Nuovo nucleare, perché l'Italia dal 2050 potrebbe più non avere bisogno di importare energia

Lo studio di Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui la costruzione della prima centrale richiede almeno dieci anni e altrettanti per andare a regime

Fabio Russello

26 Novembre 2025, 17:13

17:40

Nuovo nucleare, perché l'Italia dal 2050 potrebbe più non avere bisogno di importare energia

Un impatto realmente significativo del nuovo nucleare sul sistema energetico italiano si potrà cogliere soltanto attorno al 2050, nonostante il Paese ricopra già oggi un ruolo di rilievo come fornitore di tecnologie e componentistica. Perché il settore possa svilupparsi, gli operatori chiedono regole certe e un quadro normativo nazionale allineato a quello dei Paesi europei già operativi.

È quanto emerge da uno studio di Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui la costruzione della prima centrale richiede almeno dieci anni e l’apporto dell’atomo diverrebbe percepibile solo dal 2040, con una produzione stimata di 13 TWh.

Entro la metà del secolo il nucleare potrebbe assumere un peso più consistente nella strategia energetica nazionale: la produzione elettrica italiana è attesa raddoppiare fino a circa 600 TWh, mentre il ricorso alle fonti fossili dovrebbe ridursi in modo marcato, in un contesto dominato da una forte penetrazione delle rinnovabili.

“Nel 2050 – spiega Vittorio Chiesa, responsabile dello studio e direttore di Energy&Strategy – il nucleare potrebbe sia coprire una piccola parte di produzione oggi appannaggio delle rinnovabili, sia sostituire per la loro quota il termoelettrico e l’import, sostanzialmente azzerandoli”.

“Naturalmente questo non vale solo per l’Italia – conclude Chiesa –: nel mondo, al 2050, la previsione di nuova capacità installata per il nucleare oscilla tra +74%, negli scenari conservativi, fino a +157%”.

Secondo Chiesa, una quota di energia nucleare potrebbe contribuire in modo concreto alla decarbonizzazione dell’Italia al 2050. “Il percorso resta però sfidante: sarà fondamentale intervenire rapidamente su normativa, governance, autorizzazioni e sviluppo della supply chain per non perdere la finestra industriale che le tecnologie abilitanti potrebbero aprire nei prossimi anni”.

Pur non disponendo oggi di centrali, l’Italia è già ben inserita nella filiera europea del comparto, con competenze nella componentistica avanzata, nell’ingegneria e nei servizi specialistici, in particolare sugli Small Modular Reactors (SMR, reattori compatti fino a 400 Megawatt) e sugli Advanced Modular Reactors (AMR), ossia i reattori di IV generazione, ancora in fase di ricerca.

Le analisi condotte nell’ambito della SMR pre-Partnership europea indicano che il 24% del campione di fornitori ha sede in Italia, davanti a Francia (21%) e Finlandia (20%).