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Editoriale

Le piazze la politica e i bambini di Gaza

Chi e cosa può macchiare la missione umanitaria

Antonello Piraneo

03 Ottobre 2025, 00:01

02 Ottobre 2025, 23:26

La partita su Flottilla e i bimbi di Gaza

Flotilla ha già vinto, anzi stravinto. Fosse una partita, il risultato sarebbe 44-0: 44, ovvero il numero delle imbarcazioni che hanno acceso altri fari della coscienza sulla strage di civili nella Striscia; zero secco dall’altra parte, perché anche l’abbordaggio dei militari israeliani - senza alcun mandato se non il proprio e in acque internazionali occupate dal 2009 secondo un’interpretazione di comodo dei vari Trattati - azzera il rispetto del governo Netanyahu per il Diritto Internazionale dopo quello per i principi di umanità.
La legittima risposta all’attacco terroristico del 7 ottobre di due anni fa ad opera di Hamas ormai è qualcosa che va oltre la rappresaglia: è vendetta cieca e bieca, è quello che, Codice Penale alla mano, è molto al di là dell’eccesso di difesa.
Forse un po’ tutti abbiamo sottovalutato la forza simbolica di questa missione umanitaria che mercoledì a tarda sera ha fatto scendere in strada, già alle prime notizie dell’abbordaggio, migliaia di persone, convinta che qualcosa di grave stesse accadendo, continuasse ad accadere. È un coinvolgimento emotivo collettivo che ricorda le contestazioni per la guerra in Vietnam, è lo stesso che ci fece sentire tutti americani l’11 settembre 2001.
Flotilla vince perché ha la sponda istituzionale di alcune cancellerie, del Vaticano e, appunto, quella spontanea delle piazze. Laddove, va detto, l’istinto dei tanti che provano sconcerto di fronte alle immagini di Gaza City si sposa con la mobilitazione delle truppe ideologizzate, schierate da partiti e movimenti.

Ecco il punto. Come in ogni partita c’è da giocare un secondo tempo, che non deve mettere in discussione il risultato del primo. Invece ci sono forti timori che ciò accada. Fuor di metafora: s’annuncia un fine settimana caldo, oggi lo sciopero generale indetto dalla Cgil e domani altre manifestazioni la più importante delle quali a Roma, e vi sono segnali evidenti che frange violente vogliono appropriarsi delle piazze, come accaduto la scorsa settimana a Milano e ancora ieri in varie città. Come gli ultras che si prendono le curve.
Si faccia, allora, ciò che si dice si debba fare negli stadi: si isolino i violenti, si aiutino le forze di polizia a farlo e non le si condannino per una carica se necessaria. Si rifletta anche, senza ipocrisie, sul fatto che c’è molta politica dietro il vento che soffia sulle vele della Flotilla e sul perché questo accada in Italia, solo in Italia, mentre le imbarcazioni battono bandiere dei Paesi più svariati, dove la missione umanitaria spinge in piazza ma non coincide con un tema di scontro tra maggioranza e opposizioni.
Succede perché siamo orazi e curazi e guelfi e ghibellini nel Dna, ma anche perché c’è un governo visto e giudicato come divisivo: certi toni non aiutano a pensare il contrario. Succede anche perché dall’altra parte c’è una sinistra, massimamente il Pd, incapace di muoversi sul solco di un riformismo progressista e che è costretta a prendere la scorciatoia di una piazza per darsi un’identità.

In mezzo c’è una moltitudine di persone senza tessere o bandiere mossa davvero soltanto dalla solidarietà umana verso i palestinesi sfrattati dai Territori e piagati dalla fame. In mezzo, soprattutto, ci sono quei bambini di Gaza cui si sta togliendo tutto, anche la voglia e la gioia di vivere. Si pensi a quali sentimenti coltiveranno questi stessi bambini verso chi li ha abbandonati e lasciati nelle mani di soldati cui sono stati tolti occhi e orecchie perché non vedano e non sentano. Ci rifletta soprattutto chi osteggia e sbeffeggia il “popolo della Flotilla”, riducendolo a un esercito di sfaccendati o esaltati.