Attualità
Marina di Acate, l'hub sanitario per gli "invisibili" fa discutere
Mililli (Usb): "Crediamo sia da sostenere un sindaco di centrodestra che si batte per i migranti"

Panni stesi in prossimità delle serre della fascia trasformata
Tesa la situazione a Marina di Acate riguardo al progetto di un hub sanitario che dovrebbe sorgere, su progetto dell’Asp 7 e di Emergency, a Macconi.
Proprio questa zona della fascia trasformata a forte impatto agricolo e, dunque, a forte presenza di migranti regolari ed irregolari sul territorio.
Dopo diversi interventi dell’opposizione nei confronti del primo cittadino di Acate, Gianfranco Fidone, e a seguito delle parole di Riccardo Zingaro, esponente di Terre Pulite, scende in campo l’Usb Ragusa.
Il sindacato dei lavoratori presente da quattro anni nella fascia trasformata, dunque anche a Marina di Acate, prende le difese del progetto e chiede al sindaco di non demordere.
“Come Usb -dice Michele Mililli, responsabile Federazione del Sociale Usb Ragusa- lo sportello sindacale da 4 anni agisce su Vittoria e Acate e sui territori della fascia trasformata. Abbiamo fatto tre anni di sindacato per strada, nelle campagne. Le prime esigenze riscontrate dai lavoratori non sono quelle della busta paga, tanti non sanno neanche cosa sia, per molti sono i beni di prima necessità, l’abitazione, i vestiti. Abbiamo, dunque cambiato modalità di fare sindacato allargando il lavoro anche all’attenzione per l’ambiente sanitario e alla questione ambientale, affrontata anche con Emergency, già sul territorio da anni. Quando abbiamo visto il progetto dell’hub ci è subito sembrato un momento di svolta, qualcosa che stava per cambiare, in un territorio dove per anni non c’è stata alcuna attenzione politico-sociale. Quando abbiamo saputo che il sindaco di Acate si è speso per questo progetto ci è sembrato un momento storico. Poi gli attacchi politici, strumentali, le parole di Zingaro, ci hanno fatto temere che il primo cittadino potesse fare un passo indietro.
Vorremmo, innanzitutto, accendere i riflettori sul fatto che, secondo i dati Inps -prosegue Mililli- ci sono, nella fascia trasformata, circa 28 mila unità di lavoratori impegnate in agricoltura. Migliaia sono gli irregolari, non c’è un numero, potremmo stimare in tutto circa 30/35 mila unità. Tutti vivono una condizione di sfruttamento lavorativo, a vari livelli ovviamente. Mai abbiamo trovato un solo lavoratore con un contratto cui si prestasse importanza, molti non ce l’hanno neanche, chi c’è l’ha lo ha solo sulla carta. Neanche uno con un contratto posto in essere.
Di fronte a tutto questo, a parte pensare a una questione di razzismo, storica e che lascia basiti sempre, ci chiediamo se tutti questi lavoratori, i loro bambini, devono solo lavorare e farsi sfruttare o possono avere, agli occhi di chi oggi commenta la nascita dell’hub e dei cittadini, anche dei diritti, come quello alla salute? -sottolinea il responsabile USB Ragusa-. Non dimentichiamo i bambini. Non c’è neanche un sistema funzionante di accompagnamento scolastico per tutti e dovremmo credere a delle navette per gli ospedali? Cioè l’hub a costo quasi zero, sul terreno del Comune con i container del Comune e i professionisti di Emergency non lo vogliono, le navette sì con tutti i costi che comportano e che sarebbero un fallimento.
Ma, poi, chi sono questi irregolari che dovrebbero venire a Marina di Acate? Dovrebbero venire da fuori? Già ci sono, sono là, lavorano ogni giorno e con i loro figli non hanno alcuna tutela e lavorano per imprenditori locali. Lavorano senza dispositivi di protezione, neanche per i prodotti chimici, legali e non legali, per le stesse aziende del posto che producono e gettano e bruciano rifiuti speciali.
Lanciamo un appello al sindaco a mantenere dritta la scelta dell’hub, nevralgico per un territorio come il nostro, un sindaco di centro destra che si batte per i migranti e viene pure criticato. Ma, poi, rifletto, mi consenta, vero è che sorgerebbe in una zona nevralgica di Marina di Acate, è proprio dove vivono le centinaia di migliaia di famiglie che lì lavorano e lì hanno i loro figli. Le paure -conclude Mililli- sono comprensibili quando fondate, lo sciacallaggio no. Fino ad oggi a pagare sono stati i lavoratori, non vorrei tornare sulla questione Daouda”.
Valentina Maci