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la crisi ucraina

Dal «prendere o lasciare» al «parliamone»: la mezza retromarcia di Trump sul Piano Usa e i 28 punti

Dopo il gelo di Zelensky e la frenata degli alleati europei sul piano di pace avallato dal tycoon si va verso un vertice in svizzera con Kiev, gli europei e gli americani

22 Novembre 2025, 23:32

23:33

Dal «prendere o lasciare» al «Parliamone»: la mezza retromarcia di Trump sul Piano Usa e i 28 punti

Dall’ultimatum di Trump a Kiev "prendere o lasciare entro giovedì (giorno del Ringraziamento in Usa) alla riapertura della mediazione diplomatica, con un vertice di domenica nella neutrale Svizzera tra ucraini, americani ed europei. È l’ultimo sviluppo della crisi ucraina, dopo il gelo di Zelensky e la frenata degli alleati europei sul piano di pace in 28 punti avallato dal tycoon. Una svolta confermata anche dall’apparente apertura dello stesso presidente americano. «La guerra deve finire in un modo o nell’altro», ha detto ai giornalisti prima di andare a giocare a golf. Ma ha risposto «no» quando gli è stato chiesto se questa fosse la sua offerta definitiva a Kiev, lasciando intendere che forse c'è ancora spazio e tempo per limare l’accordo. Il suo commento arriva mentre l’Ucraina e gli alleati europei di Washington affermano che il piano di pace può essere una base per i colloqui, ma necessita di «ulteriore lavoro».

La nuova sfida esistenziale per Kiev e il Vecchio Continente passa in queste ore per Ginevra, dove una nutrita delegazione ucraina guidata da Andriy Yermak incontrerà l’inviato Usa Steve Witkoff e il segretario di Stato Marco Rubio. Presente anche il segretario dell’esercito americano Dan Driscoll, che venerdì sera ha informato gli ambasciatori dei Paesi della Nato dopo i suoi colloqui a Kiev con Zelensky: «Nessun accordo è perfetto, ma deve essere raggiunto il prima possibile», li ha avvisati. Per gli europei parteciperanno i consiglieri per la sicurezza nazionale di Francia, Germania e Gran Bretagna (E3), cui si unirà anche il consigliere diplomatico di Palazzo Chigi Fabrizio Saggio, che ha lasciato il G20 a Johannesburg. Non è invece per ora sul tavolo l’ipotesi, riportata da alcuni media, di una missione nei prossimi giorni di leader europei alla Casa Bianca per discutere il piano con Trump, come successe lo scorso agosto.

Dal summit sudafricano, disertato dagli Usa, i leader dei Paesi europei e del G7 hanno però già tirato il freno a mano in un comunicato congiunto, riconoscendo che «la bozza iniziale del piano in 28 punti include elementi importanti che saranno essenziali per una pace giusta e duratura», ma avvisando che essa rappresenta solo «una base che richiederà ulteriore lavoro». Inoltre si sono detti «chiari sul principio che i confini non devono essere modificati con la forza» e "preoccupati per le limitazioni proposte alle forze armate ucraine, che lascerebbero l’Ucraina vulnerabile a futuri attacchi". Si ricorda infine che «l'attuazione degli elementi relativi all’Unione Europea e alla Nato richiederebbe rispettivamente il consenso dei membri dell’Ue e della Nato». Critiche e riserve sul piano serpeggiano in Usa anche tra alcuni senatori democratici e repubblicani, tra cui il repubblicano Roger Wicker, presidente della potente commissione del Senato per le Forze Armate.

Se Zelensky ha fatto la sua mossa tattica accettando i colloqui in Svizzera con gli Usa, l’Europa non ha ancora una strategia chiara e sta studiando le contromosse: lo stop alla Casa Bianca è ancora lontano dal diventare un contropiano. L'Europa fatica a diventare soggetto politico in questa crisi, anche a causa delle divisioni interne. Da un lato c'è chi preme per la linea dura respingendo completamente il piano di Trump (in primis Macron, Merz e Starmer), dall’altro c'è chi non vuole strappare con la Casa Bianca. Come Giorgia Meloni, che al G20 ha ricordato come l’Italia sia «pronta a collaborare con i suoi partner europei e americani per raggiungere una pace giusta», denunciando «l’ingiustificata guerra di aggressione russa contro l'Ucraina». Il cancelliere tedesco Friedrich Merz, dal canto suo, ha riferito dopo il G20 di aver chiarito a Trump in una lunga telefonata venerdì che l’Europa deve far parte di qualsiasi processo volto a porre fine alla guerra in Ucraina: "Se Kiev dovesse perdere questa guerra e forse collassare, ciò avrebbe un impatto sulla politica europea nel suo insieme, su tutto il continente europeo. Ed è per questo che siamo così impegnati su questa questione".

Intanto il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa, dopo aver riunito i leader affini presenti al G20 (Francia, Germania, Regno Unito, Italia, Norvegia, Canada, Giappone, Australia, Finlandia, Irlanda, Paesi Bassi, Spagna) a una riunione per discutere il percorso da seguire su Kiev, ha invitato tutti i 27 leader dell’Ue a un incontro sull'Ucraina a margine del vertice Ue-Ua a Luanda, lunedì e martedì: sarà uno degli ultimi banchi di prova in una corsa contro il tempo per elaborare un contropiano ed allungare la scadenza dell’ultimatum (iniziale) di Trump.