L'intervista
Fu nei governi Andreotti e Cossiga, l'ex Dc Calogero Pumilia sbotta: «Provo tanta rabbia, Cuffaro ha replicato errori vecchi e gravi»
«La vera Democrazia cristiana era tutta un'altra cosa. Quella "Nuova" serve solo a gestire potere locale». Le parole di un ex democristiano doc sono destinate a fare discutere
«Ho sempre pensato che quello della Nuova Dc fosse un esperimento improbabile. Ma oggi provo tanta rabbia». Calogero Pumilia, nel corso della sua ultradecennale esperienza nella Democrazia Cristiana ha fatto parte dei governi Andreotti e Cossiga, prima del passaggio alla Margherita e quindi al Pd, «quando quell'esperienza politica si è conclusa».
Qual è il legame tra la “Nuova Dc” e il partito che ha caratterizzato la storia repubblicana dell'Italia?
«Di sicuro, in questa nuova formazione politica mancava il sostrato della vecchia Dc. Un partito nato grazie all'impegno di intellettuali, filosofi, sociologi che deriva dal Partito popolare, che ha vissuto la ricostruzione post-bellica. Qui siamo di fronte a una iniziativa inevitabilmente legata alla gestione del potere locale».
Al netto di ciò che verrà dimostrato in tribunale, cosa l'ha colpita di più dell'inchiesta della Procura di Palermo?
«Fermo restando un atteggiamento assolutamente garantista, colpiscono anche aspetti che non hanno una rilevanza penale. Quello che emerge è un quadro devastante e per me, devo dirlo, anche un'amara sorpresa. Io ho voluto bene a Cuffaro, ma lui è irrimediabilmente vittima di questi atteggiamenti di leggerezza che non sono giustificabili. Ma c'è una cosa che mi ha sorpreso e amareggiato di più, tra le altre».
A cosa si riferisce?
«Alle modalità di azione. Non avrei mai pensato che replicasse modalità analoghe a quelle relative alla vicenda giudiziaria gravissima che lo aveva portato in carcere. Se è vero che anche stavolta esponenti delle forze dell'ordine passavano notizie, il quadro è sconcertante. Come si fa a ripercorrere esattamente quella strada? Per me è incomprensibile».
Il presidente della Regione Renato Schifani ha deciso di estromettere gli assessori della Dc dalla giunta. Ha fatto bene?
«Dal punto di vista dell'utilità sì, ha fatto benissimo. Intanto perché ha messo a riparo il governo, ma soprattutto perché lo 'sgonfiamento' della Dc è un vantaggio per tutto il centrodestra e per l'esecutivo stesso. Togliendo di mezzo la Dc, Schifani ha anche tolto una spina irritativa che avrebbe potuto condizionate l'azione del governo. Diciamo che adesso il quadro è meno complesso e si può trovare più facilmente l'accordo tra forze politiche tutte le volte che servirà».
Schifani ha anche giustificato il fatto di avere estromesso gli assessori democristiani a differenza, ad esempio, di altri componenti della giunta con vicende giudiziarie a carico, sulla base del fatto che la Dc sarebbe un 'sistema-partito'. Che significa?
«Non significa proprio nulla. I partiti ormai hanno tutti una conformazione simile: non hanno strutture che prescindano dai loro leader, ad esempio. Semmai, ritengo che, essendo la responsabilità penale sempre personale, sia più grave la posizione di un assessore accusato di avere violato la legge, rispetto a quella di un suo collega al quale si possa attribuire una responsabilità politica, quella, cioè, di avere fatto parte di un partito il cui leader ha dei guai con la giustizia».
Dove andranno, secondo lei, i voti di Cuffaro?
«Difficile dirlo. Quel mondo è molto vario. C'è una buona parte di nostalgia democristiana, tante persone in perfetta buona fede, tanta gente salita sul carro per convenienza. Un po' di voti potrebbero finire a Forza Italia, magari. Sebbene l'ultimo accordo fosse stato siglato con la Lega. Un accordo non gradito a tanti, perché contraddittorio. Pensi che alla festa dell'Amicizia, a Ribera, hanno inaugurato una mostra su De Gasperi nelle stesse ore in cui chiudevano un'alleanza col partito di Vannacci...».
Tornando ai temi iniziali. Cosa prova un ex democristiano come lei nel leggere di queste vicende nelle quali è coinvolta una forza politica chiamata “Nuova Dc”?
«Provo una grande rabbia. L'esperienza della Dc era conclusa e bisognava guardare a quel partito solo con l'occhio della storia, o per il mantenimento della memoria o, tutt'al più, per rimettere al loro posto i pezzi di un puzzle. Quello del racconto di cosa è stata davvero la Dc, spesso fazioso e superficiale».
Non mancano le voci di chi afferma che, tutto sommato, sono le solite storie e che non ci sia nulla di cui scandalizzarsi. Lei come la pensa?
«Credo che il fatto più grave sia proprio la mancata indignazione. Cioè la tendenza ad accettare queste vicende come se rientrassero in una specie di tratto identitario del siciliano. Lo ritengo gravissimo, un fatto davvero devastante».