L'intervista
Parisi saluta il “suo” assessorato: «Domani mi dimetto, poi mi riposo»
Dopo mesi di rinvii e malumori, è arrivato il momento del rimpasto di giunta
Se ne parla da mesi, ed è arrivato il momento.
Sergio Parisi, assessore allo Sport, Lavori pubblici e Politiche comunitarie, è tempo di dimissioni?
«Sì, è arrivato il momento. Lunedì mattina (domani, ndr) andrò in Comune a rassegnare le mie dimissioni dalla giunta di Enrico Trantino. A conti fatti, lascio dopo quasi otto anni...».
Gli osservatori della politica cittadina già lo sanno. A volere la sua testa è stato il partito che l’ha messa lì, cioè Fratelli d’Italia.
«È vero che Fratelli d’Italia è il mio partito, il partito che mi ha indicato, ma è vero anche che ci sarà un rimpasto di giunta e che c’è la necessità di liberare spazi. Non sempre, mi sento di dire, le esigenze della politica coincidono con quelle dell’amministrazione. Ma devo ammettere che a me è stata data una possibilità che altri non hanno avuto: amministrare questa città insieme a quattro sindaci».
Comincia a contarli a partire dall’esperienza con Raffaele Stancanelli?
«Per quanto sia stato breve, è stato un primo assaggio di amministrazione. E poi, ovviamente, la svolta è arrivata con la scelta di Salvo Pogliese, con il quale abbiamo letteralmente inventato una delega, quella delle Politiche comunitarie, che prima non veniva neanche lontanamente considerata e che adesso è diventata tra le più ambite, proprio perché siamo stati in grado di dimostrarne il potenziale in termini di programmazione per il futuro. Quell’amministrazione è stata difficilissima: alla prima riunione di giunta ci arrivano le carte della Corte dei Conti che c’impone il dissesto, poi la pandemia da Covid-19, la doppia sospensione di Pogliese per effetto della legge Severino. Quindi c’è stata la fase successiva, quella in cui l’allora vicesindaco Roberto Bonaccorsi, che era già stato fondamentale col bilancio, è stato di fatto il sindaco. Eravamo sempre in coppia, l’ho visto fare il possibile e, anche se ce lo scordiamo, ci ha permesso di arrivare qui oggi. Con Enrico Trantino, col quale si era consolidato un rapporto quando entrambi eravamo assessori, e che ha segnato una totale continuità. Quando ho cominciato con lui avevo già le vele gonfie, sono partito velocissimo. Avevo la mia idea di città e l’ho portata avanti senza ostacoli».
Un’idea di città che si sta realizzando ma di cui, probabilmente, qualcun altro taglierà il nastro. Quali sono i lavori pubblici che le dispiace non inaugurare?
«Sicuramente il PalaNesima completamente ristrutturato. Dopo anni di abbandono, stiamo risollevando davvero una parte di città che ne ha bisogno e lo stiamo facendo con un progetto grandioso. Sono convinto che quando avremo finito lì, potremo paragonare l’intervento a Nesima con quello che è stato fatto su Caivano. E poi l’altra cosa che avrei voluto inaugurare da assessore è la nuova Ognina. Penso che quello che stiamo facendo lì abbia un’importanza pari alla costruzione del lungomare negli anni Sessanta. Non scherzo, il nuovo lungomare sarà una vera rivoluzione per la città di Catania. Mi godrò questa e altre cose da cittadino».
Ha fatto un conto su quanti soldi ha gestito, in questi anni?
«Ho portato in giunta 206 delibere per un totale di oltre 500 milioni di investimenti. Consideri però che dentro c’è la programmazione, quindi anche le risorse, per esempio, per i Servizi sociali...»
È vero che il sindaco Trantino terrà per sé le sue deleghe?
«Questo non so dirlo, sinceramente. Però, in effetti, di solito i sindaci tengono la delega alla programmazione, che è alle Politiche comunitarie perché, come dicevo prima, quella direzione ce la siamo un po’ inventata. Quindi sarebbe coerente se il primo cittadino la mantenesse senza riassegnarla».
Che suggerimento si sente di dare al suo successore?
«Di continuare col percorso già intrapreso».
Questo sembra più un appello che un suggerimento.
«In parte lo è. La squadra è ben affiata, funziona, lavora bene. Ricordiamo che abbiamo assunto cento professionisti che ci hanno permesso di fare tutti i progetti e di portarli avanti nei tempi. Vorrei approfittarne per dire due cose: la prima è che i professionisti servono, bisogna accertarsi che gli uffici abbiano persone e competenze adeguate, perché è l’unico modo per ottenere successi. E bisogna stabilizzare questo personale, questi ragazzi come li chiamo io, perché è grazie a loro se la città è piena di cantieri».
Lei che farà da lunedì in poi? Diventerà consulente del sindaco, come l’ex vicesindaco Paolo La Greca?
«Io, intanto prenderò fiato. Ho bisogno di riposarmi un po’. Poi, se il sindaco e i nuovi assessori avranno bisogno di una mano, non mi tirerò mai indietro, ma solo con un contributo esterno. Sono un catanese troppo catanese e troppo innamorato della città per tirarmi indietro».