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Nello Musumeci e Renato Schifani, l'incrocio "pericoloso" tra due presidenti che non si amano

All’evento di FdI a Palermo il governatore ha incassato la fiducia degli alleati. Il j’accuse del ministro: Regione fondata sul sistema clientelare e sul voto segreto Galvagno lavori con serenità niente scheletri nell’armadio

Antonio Giordano, Accursio Sabella

17 Novembre 2025, 09:03

13:16

Nello Musumeci e Renato Schifani, l'incrocio "pericoloso" tra due presidenti che non si amano

Si sono trovati uno di fronte all'altro. Nello Musumeci e Renato Schifani. Il passato e il presente di Palazzo d'Orleans. In attesa di conoscere il futuro. In mezzo, Luca Sbardella, l'equilibratore, cioè il partito. Che da un lato ricorda che Fratelli d'Italia è la maggiore forza politica italiana e che senza di loro non si va da nessuna parte, dall'altra conferma la natura del rapporto col governatore in carica: «Ha fatto un buon lavoro», ha detto il commissario dei meloniani in Sicilia, rimandando però solo a fine legislatura la valutazione sul “bis”. Ma garantendo piena lealtà: «Il suo nome è sul tavolo».

Dal canto suo, Schifani va via con l'impressione che la sinergia col partito della premier sia, al momento, più che confermata: «Qui mi sento a casa – dirà il presidente di fronte a una folta platea radunatasi al Marina Yachting del Molo trapezoidale di Palermo per festeggiare i tre anni dell'esecutivo di Giorgia Melonigoverneremo insieme ancora a lungo».

E in effetti Sbardella conferma: «In Sicilia sono stati giorni complicati, ma la maggioranza è così coesa e forte, è così forte il senso delle istituzioni, che non avremo problemi ad andare avanti. A chi chiede le dimissioni dico che arriveremo serenamente a fine legislatura e governeremo anche in quella successiva», applausi.

Poco dopo, Schifani ricambierà: «Con Sbardella ci troviamo all'unisono. Noi guardiamo più al sistema complessivo, a volte andando contro i sistemi territoriali. Io, poi, sono fiero e orgoglioso del governo Meloni. Siamo protagonisti della politica mondiale. Siamo un punto di riferimento. Questo centrodestra ha prodotto risultati incontestabili. Tra questi, le politiche sugli sbarchi».

Messaggio chiaro: Schifani tiene aperto e serrato il dialogo con i partiti nazionali. Cuffaro e la Dc sono già un ricordo. E dai rappresentanti del governo nazionale riceve anche qualche aperto apprezzamento, come quello del sottosegretario con la delega per il Sud, Luigi Sbarra che ha plaudito ai provvedimenti del governo regionale indirizzati alla decontribuzione e quindi alla creazione di posti di lavoro.

Fin qui, solo miele tra partito e presidente, anche per allontanare certi cattivi pensieri, come quelli di chi ha letto, negli ultimi tempi, le mosse e le critiche dell'ex vice capogruppo alla Camera di Fdi, Manlio Messina, come il segnale di un tentativo sommerso dei meloniani di testare la possibilità di un “disarcionamento” del governatore e magari la riproposizione del vecchio presidente. Che arriva al Molo trapezoidale un po' in ritardo, «anche perché ho incontrato una delegazione di pescatori, avevano problemi molto seri», dirà, presentandosi anche come “l'uomo del fare”, anticipato dalla presentazione del pupillo Ruggero Razza. E il piglio è quello di chi, già che c'è, si vuole togliere sassolino dalla scarpa. Nel farlo, Musumeci non gira molto attorno alle cose. Il suo intervento, insieme alla rivendicazione di quanto di buono fatto dal suo governo, soprattutto nel contrastare il Covid («negli anni in cui il governo nazionale era inerme e inerte e ci chiedeva, semplicemente, di resistere») è un rosario di “tirate d'orecchie” alla politica siciliana, al governo, alla maggioranza.

A cominciare ad esempio da temi come la siccità: «Se manca l'acqua, è solo perché non riusciamo a conservarla, ha detto», riaccendendo per un attimo vecchie polemiche.

Ma Musumeci entra a piedi pari quando si accenna al tema delle inchieste giudiziarie che stanno scuotendo la Regione: «Mi hanno chiesto – ha detto - cosa ne pensi e ho risposto quello che tutti sappiamo: la Regione è stata fondata sul sistema clientelare e sul consociativismo parlamentare la cui testimonianza più alta è rappresentata non dall'uso, ma dall'abuso del voto segreto. L'abuso del voto segreto non vuole toglierlo nessuno, perché serve, anche al centrodestra. Serve a mandare messaggi, a ricattare e a vendicarsi. Parlo con cognizione di causa».

Chi dice di sorprendersi del “caso Dc”, insomma, sarebbe «ipocrita».

Musumeci ha sottolineato la necessità che «la buona politica intervenga prima della magistratura. Prima! Perché quando interviene la magistratura il danno è già fatto!», poi, però, ecco una “carezza” al presidente dell'Ars Gaetano Galvagno: «Continua a lavorare sereno, noi non abbiamo scheletri negli armadi».

Infine si torna all'inchiesta su Cuffaro: «Dobbiamo restare vigili rispetto a chi sta accanto a noi, a un palmo da noi, e voi mi capite». Un modo per dire: con me alla guida, queste cose non sarebbero successe. Schifani ascolta in prima fila. Fino all'ultimo minuto dell'evento. E va via con la convinzione che i rapporti con Fdi - nonostante la prudenza di Sbardella, nonostante le frecciate di Musumeci - siano solidi come il primo giorno.