l’intervista esclusiva
Catania, corsa e sei gol: Forte ha conquistato il pubblico rossazzurro. «Siamo una sola cosa»
Lo squalo si racconta. «Nell’Inter ho rubato il mestiere a campioni come Milito e Maicon, la svolta della carriera in Belgio Segnare ancora? Penso solo ad affrontare al meglio il Crotone»
Quando segna lo Squalo il Catania vince. Sei gol, sei vittorie tutte utilissime per mantenere il primato. Francesco Forte in campo corre, fuori vola basso e durante il colloquio in esclusiva con il nostro giornale, alla fine dell’allenamento del lunedì, sposta le attenzioni sui compagni: «Siamo uniti, altrimenti non avremmo ottenuto questi risultati».
Sei gol sei vittorie. C’è anche la sua firma sui successi del Catania contro Foggia, Cavese, Giugliano, Salernitana, Latina, Picerno.
«Al di là del numero è importante che vinca il Catania».
Ma il centravanti è lei.
«Io ragiono così, è il domani che conta. I gol sono il pane quotidiano per un attaccante, ma più che fare la conta o tracciare bilanci, prospettive personali, penso al Crotone che sarà il prossimo avversario».
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I gol sono figli di una costruzione di gioco preparata in allenamento. Onore al merito.
«Prima di tutto serve una grande prestazione da parte di tutti. Certo che se mi piazzo al momento giusto e segno… Ripeto faccio la punta».
Per una volta parli di sé: delle sei reti quale è stata la più importante per lei?
«Quella contro la Salernitana segnata al Massimino».
Si aspettava quest’avvio suo così importante?
«So quanto ho lavorato per arrivare al Catania in forma, so quanta fatica ho fatto per conquistarmi ogni mattoncino da aggiungere al puzzle del gruppo».
Ed è riuscito.
«Con grande umiltà ho ragionato, e continuo a ragionare, per progredire giorno dopo giorno. So quanta fatica abbiamo fatto per vincere una partita, per me è solo una conseguenza del lavoro».
Cosa è il Catania per lei?
«Un punto di partenza, ma anche di arrivo. Come spiegarlo per bene?»
Vuole continuare a giocare qui per sempre?
«Devo conquistare la fiducia della dirigenza, del tecnico e dalla gente. Ma, sì, vorrei continuare a lungo con questa maglia».
Perché?
«Al di là della categoria, Catania è un mondo a parte. Quando ho saputo che potevo approdare in Sicilia ho pensato che era un’opportunità importante senza precedenti. Io credo veramente possa essere una svolta».
Quando ha pensato di aver compiuto progressi? Quando è scattata la scintilla?
«In Belgio, al Beveren. Perché avevo vissuto un anno e qualche mese a livelli importanti e quando sono tornato in Italia ho capito di aver portato con me un bagaglio tecnico e umano non indifferente».
I suoi esordi tra Pisa e Inter. Con quest’ultimo club ha anche esordito in A.
«Allenatori Gasp e Ranieri, poi è arrivato in prima squadra Stramaccioni che mi aveva allenato in Primavera. Con la squadra giovanile avevamo vinto scudetto e la prima edizione della Champions giovanile. Mi portò in A ed esordii nel 2013 col Palermo e in Coppa ho giocato la semifinale con la Roma di fronte a 85mila persone. Ho cercato di rubare i segreti a Milito, ma anche a tutti gli altri campioni con cui mi sono allenato: da Maicon a Sneijder, passando per Cassano».
Altre stagioni importanti con lo Stabia in B (17 reti), nel Venezia che ha trascinato in A segnando 15 gol, in Belgio… A Venezia ha segnato il suo primo gol in A.
«Contro la Lazio. Ma ripeto, in Belgio ho vissuto il momento della svolta».
La gente a Catania la ama perché corre.
«Corriamo tutti, mica solo io».
Ma lei è un numero nove che corre, fa agonisticamente e correttamente cazzotti. E segna.
«A Catania c’è un amore per la maglia che faccio fatica a trovare altrove. Questo amore deve essere ricambiato. Ci sono stati anche momenti difficili e ci sta, ma vale la pena lottare per dimostrare di meritare la fiducia del pubblico. L’unico paragone che posso fare è Napoli. Catania è come Napoli».
Insomma, insistiamo: Forte piace perché si batte come un leone. E la prima copertura sulla palla quando gli avversari costruiscono da dietro parte giusto da lei.
«Cerco di dare tutto in campo. Sì, il cento per cento per non avere rimpianti. Se le qualità della squadra emergono tanto meglio. Questa è una caratteristica comune a tutti i compagni».
Il suo rapporto con l’allenatore?
«Ottimo. Toscano è un grande tecnico e prepara le sfide con particolari che ti permettono di prevalere. Siamo in 22 che ragioniamo allo stesso modo e il merito è di chi sta vicino a noi: dai dirigenti ai tecnici, fino tutto il personale che ci segue continuamente».
Contro il Picerno, sabato scorso, ha segnato e ha mostrato al pubblico la maglia di Cicerelli.
«Un modo per portarlo in campo con noi. Per tutti noi il concetto di squadra è importante, è la componente che ti predispone al sacrificio. Il fatto che alcuni dei ragazzi non siano presenti in campo per dare una mano pesa a tutti noi. Sono giocatori importanti tecnicamente e moralmente. Ci mancano dentro lo stanzone e così quando possiamo li portiamo accanto a noi con il simbolo assoluto: la maglia».
Siete più stimolati.
«Viene da dare sempre qualcosa in più anche per loro. Infatti chiunque venga chiamato in campo anche in ruoli non suoi aggiunge una percentuale per sopperire».
E gli infortunati ricambiano.
«Il video che ci ha mostrato il tecnico prima della partita di Picerno ci ha scossi, ci ha dato una carica in più».
Era concordato?
«No è stata una vera e propria sorpresa»
Al di là del vostro primato in classifica, al di là di quello che fanno gli altri (e a voi come al tecnico interessa relativamente) il Catania in che modo potrà proseguire il discorso ambizioso che ha cominciato?
«Ambiziosi lo siamo tutti, questo è assodato. Ma bisogna restare umili, mai gonfiare il petto e lavorare come abbiamo sempre fatto».
Crotone è una gara fondamentale anche perché il Catania ci arriverà senza tanti giocatori (Donnarumma sembra destinato a uno stop non certo di pochi giorni) e le scelte saranno limitate.
«Ci impegneremo come abbiamo sempre fatto, daremo tutto quello che sarà possibile e anche oltre».
Ultima domanda, ma è una sua caratteristica: perché esulta facendo il gesto dello squalo. Ovvero mettendo la mano dietro la schiera come se fosse una pinna?
«Quando ero nelle giovanili dell’Inter guardavo Negredo, spagnolo del Manchester City e mi hanno paragonato a lui».