Turismo
Cucina, vigneti e relazioni umane: perché la Sicilia è la meta enogastronomica più ambita del 2025
Turisti in cerca di autenticità premiano paesaggi rurali, ristoranti storici e laboratori tradizionali, mentre il turismo sostiene la rinascita dei piccoli borghi. Gli americani cercano la "narrazione" dietro ogni piatto e desiderano conoscere chi produce e come. I dati del nuovo Rapporto sul Turismo enogastronomico italiano
Lago Maulazzo, Nebrodi
Nel panorama del turismo enogastronomico italiano, la Sicilia si conferma una delle mete più desiderate dai viaggiatori internazionali. Secondo il Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2025 curato da Roberta Garibaldi, l’isola è, insieme a Toscana e Sardegna, tra le tre destinazioni più scelte dai turisti del gusto in tutti i principali mercati esteri. Un risultato che testimonia la forza identitaria del territorio siciliano, capace di coniugare biodiversità, tradizione e innovazione in un’offerta esperienziale sempre più ampia.
La Sicilia viene percepita come un mosaico di culture e sapori, dove la cucina è specchio di una storia millenaria. Dalle colline vitate dell’Etna alle tonnare del trapanese, dai pistacchieti di Bronte ai dolci conventuali di Palermo, ogni angolo dell’isola racconta un legame profondo tra comunità e territorio. Nel 2025, i turisti cercano sempre più autenticità e coinvolgimento diretto: esperienze come la raccolta delle olive, la vendemmia o i laboratori di cucina tradizionale diventano momenti di contatto reale con la cultura locale.
Gli elementi che guidano la scelta della Sicilia come meta enogastronomica coincidono con i trend internazionali emersi dal Rapporto: l’85% dei turisti valuta fondamentale la bellezza del paesaggio rurale e il 76% la presenza di ristoranti autentici. L’isola soddisfa entrambe le esigenze, con una rete diffusa di agriturismi, aziende familiari e trattorie che raccontano la verità del cibo contadino e marinaro.
Non è un caso che la Sicilia stia sviluppando una reputazione internazionale come destinazione esperienziale integrata, in grado di fondere mare, montagna e tradizioni agroalimentari. L’attenzione alla sostenibilità e al turismo lento si traduce in itinerari che collegano piccoli borghi, aziende agricole e parchi naturali, restituendo valore economico e sociale alle aree interne.
Il Rapporto evidenzia come il turismo enogastronomico possa diventare una leva strategica per contrastare lo spopolamento delle aree rurali e ultraperiferiche. In Sicilia, dove il 90% dei comuni interni è classificato come rurale, la valorizzazione dei luoghi di produzione agricola – dalle cantine del Cerasuolo di Vittoria ai frantoi dei Monti Iblei – rappresenta un’occasione concreta per garantire ai giovani il “diritto a restare”.
Le esperienze legate al cibo diventano così strumenti di sviluppo locale: favoriscono il recupero dei saperi tradizionali, creano nuove opportunità di lavoro e rafforzano l’identità comunitaria. L’isola sta progressivamente trasformando la distanza dai centri urbani in un fattore di pregio, puntando su un turismo che premia lentezza, autenticità e qualità della vita.
Nel 2025 cresce l’interesse dei turisti per le aziende a conduzione familiare e le dimore storiche: il 60% dei visitatori stranieri dichiara di voler visitare realtà produttive tradizionali, percepite come custodi di saperi e legami. In Sicilia, questa tendenza si traduce in un successo per le masserie, i bagli e le cantine storiche che offrono esperienze su misura, tra degustazioni e percorsi immersivi nel paesaggio.
Accanto a questo, emerge un nuovo segmento di “lusso discreto”: viaggiatori che cercano esperienze raffinate ma intime, dove la qualità non è ostentazione, bensì attenzione al dettaglio, al silenzio e alla relazione umana. È il caso dei relais rurali nelle Madonie o dei wine resort dell’Etna, che coniugano architettura contemporanea, ospitalità sostenibile e filiere corte.
Inoltre La Sicilia continua a sedurre i turisti d’oltreoceano. Secondo le rilevazioni regionali, già nel 2018 gli americani rappresentavano l’8,9% dei visitatori stranieri, con un aumento rispetto al 7% del 2014. Un trend che nel 2024 ha registrato un’ulteriore crescita degli arrivi internazionali dell’11,1%, segno di un ritorno stabile dei flussi dagli Stati Uniti dopo gli anni della pandemia.
A livello nazionale, i viaggiatori statunitensi hanno superato nel 2025 1,4 milioni di arrivi nei primi otto mesi, con una spesa superiore a 2,8 miliardi di euro. Restano in media 12 notti in Italia e spendono oltre 190 euro al giorno, valori che li collocano fra i visitatori più preziosi per l’economia turistica.
In Sicilia, il pubblico americano mostra una spiccata predilezione per esperienze enogastronomiche autentiche: wine tour ai piedi dell’Etna, percorsi dell’olio, laboratori di cucina e visite a borghi marinari. I viaggiatori statunitensi cercano la narrazione dietro ogni piatto e desiderano conoscere chi produce e come.

Le mete con il maggiore afflusso internazionale — Palermo, Taormina-Messina e Catania-Etna — coincidono con le aree dove la presenza USA è più visibile. Palermo guida la classifica regionale per numero di arrivi e pernottamenti, mentre la zona etnea consolida la propria vocazione enoturistica grazie anche ai voli diretti dagli Stati Uniti verso Catania e Palermo, che hanno aperto un nuovo corridoio transatlantico per l’isola.
Il rapporto dedica ampio spazio al tema dell’innovazione partecipata, di cui la Sicilia rappresenta un caso emblematico. Marcantonio Ruisi, docente dell’Università di Palermo, sottolinea come il futuro dell’enogastronomia passi da modelli di storydoing e co-design: il turista non è più spettatore, ma protagonista attivo.
Progetti di pesca-turismo, esperienze immersive nei laboratori artigianali e forme di ospitalità diffusa trasformano il visitatore in “visit-attore”, contribuendo alla costruzione di un racconto collettivo. Questa visione, che integra comunità locali, DMO e imprese, permette di creare un’offerta dinamica e flessibile, radicata nei territori ma aperta all’innovazione tecnologica, anche attraverso piattaforme digitali e sistemi di prenotazione intelligenti.

Non mancano tuttavia le sfide. Il Rapporto segnala il rischio di omologazione: la spettacolarizzazione del cibo e la proliferazione di format standardizzati – soprattutto nelle grandi città – possono impoverire l’identità gastronomica dei luoghi. Palermo, ad esempio, viene citata tra le città che rischiano di trasformarsi in “parchi tematici del gusto”.
La soluzione proposta è investire sulla qualità e sulla formazione: servono professionisti capaci di gestire esperienze autentiche, strategie digitali e relazioni con i visitatori. La Sicilia può giocare un ruolo guida in questo processo, grazie alla collaborazione tra università, consorzi di tutela e giovani imprenditori del settore agroalimentare.

L’isola si trova oggi di fronte a una grande opportunità: diventare un laboratorio del turismo enogastronomico rigenerativo. Non solo un luogo da visitare, ma un ecosistema vivente che valorizza persone, paesaggi e tradizioni.
Il modello auspicato dal Rapporto è quello di un turismo che non consuma, ma rigenera: capace di restituire valore alle comunità e di coniugare le tre intelligenze — naturale, sociale e artificiale. La Sicilia, con il suo capitale umano e culturale, può porsi come capofila di questo cambiamento, offrendo al mondo un esempio concreto di equilibrio tra innovazione e memoria, tra economia e identità.